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I Rhapsody Of Fire? Sono fuori tempo massimo, ‘trailerizzare’ per credere!

rhapsody-of-fireLa cosa che più m’arrazza di scrivere su BC è la licenza poetica, posso scrivere quello che cazzo mi pare, come mi pare, l’importante è che chi mi legge sa cosa intendo. Leggi il resto di questa voce

Un nuovo album per i Rhapsody Of Fire? Della serie: il fuoco me lo fate venire in mezzo alle chiappe!

Rhapsody_Buenos_Aires_2010Woooooo! I Rhapsody! Ricordate che hanno dovuto cambiare il nome aggiungendo il “of fire” perché c’era già un gruppo che si chiamava così? E poi? Non contenti di averci fracassato la minchia con draghi spadoni e boiate di ogni genere, ecco che Turilli se ne va e fa un altro progetto! Come lo chiama? Leggi il resto di questa voce

Gli Hollow Haze e le reminiscenze del deboscio a Montalto Marina

Questo disco mi fa rivivere momenti molto speciali, ossia il sottoscritto sedicenne che con la colonna sonora fatta di Rhapsody (of fire), Labyrinth, Domine e tutte le band italiane di quell’epoca si divertiva senza pensieri in deboscianti pranzi e cene campagnole organizzate al solo scopo di ubriacarsi o andando verso Montalto Marina in cinque su un motorino scassato preso in prestito, a caccia di giovani fanciulle per niente attratte dal mio giovane volto ricoperto dagli immancabili “cacchioni”. Leggi il resto di questa voce

Power raffinato o sporco heavy blues? Fate la vostra scelta: VISION DIVINE vs ZZ TOP!

Ok, non sarò il massimo della correttezza, ma che ci volete fare? Sono un fottuto e bastardo Crusher che quando legge ZZ TOP manda a fare in culo qualsiasi altra cosa, anche se per non apprezzare il nuovo disco dei Vision Divine non ci vuole certo il supporto dei miei tre texani preferiti. Partiamo con “Destination Set To Nowhere“, giusto appunto il nuovo album della power metal band di casa nostra. Mettetela come vi pare ma non ho mai capito a cosa fosse dovuto il successo di Olaf Thorsen, un chitarrista manieristico e privo di chissà quali doti Mozartiane nel songwriting. Leggi il resto di questa voce

L’Italia che ci crede e non si arrende: HOLLOW HAZE & EVERSHINE

Nel cammin di nostra vita mai avrei detto di aver dovuto parlare del METALLO. Sapete no, quel genere dove si parla solo di METALLO. Il genere preferito da padre METALLO. Insomma METALLO. Per dimostrare al mondo che non sono fissato solo con il doom, con le cripte e sopratutto che non vivo nella bara del becchino che stava sotto la mia vecchia casa (si, ho vissuto sopra la dimora di un becchino), oggi vi recensisco non uno, ma ben due album di METALLO. Anzi POWA METALLO. Chiudiamo qua, o i Manowar tra poco mi chiederanno di pagargli i diritti d’autore. Comunque sì, oggi parleremo di emozioni. Quelle vere. Quelle emo. No, gli emo no. Prima di continuare, prima che qualcuno mi dica “cosa scrivi, vile eretico!”, una premessa per il futuro prossimo e non solo di questa recensione. Folk, power, prog, ma sopratutto metal/death core non sono proprio la mia tazza di tè, non per questo rifiuto concedergli un ascolto. Però sono molto selettivo, quasi razzista nella scelta dei gruppi. Tornando alla recensione, ecco che dal nostro bello stivale ci giungono all’orecchio due uscite che più metalliche di così si muore. Iniziamo dagli Hollow Haze ed il loro ultimo genito “Poison in Black”, una vera sorpresa. Leggi il resto di questa voce

RHAPSODY OF FIRE – “From Chaos To Eternity” (Nuclear Blast)

Essere l’unico in redazione disposto a recensire il nuovo cd degli ex Rhapsody non è una cosa che mi regala tutto ‘sto entusiasmo. Chiamatemi prevenuto, chiamate come vi pare, la mia vita non cambia, se non in peggio. Probabilmente sono il meno adatto per recensire certe cose troppo barocche e fiabesche, vi dico solo che che tra le mie band del cuore posso ancosa vantare Hellbastard, Carnage, Old Lady Driven, Cadaver, Spazztic Blurr, Unseen Terror e Terrorizer, per il 99% di voi roba totalmente sconosciuta, ma vi garantisco che parliamo di gente va ben oltre la semplice brutalità. Che devo fare? A Roma si dice che a chi tocca nun se ‘ngrugna, perciò famosela passà e parliamo di “From Chaos To Eternity”. La carriera di Rhapsody l’ho involontariamente seguita sin dagli esordi, da quel “Legendary Tales” che tanto scalpore fece a livello internazionale, un disco onestamente unico, lo dico senza ironie, bello perché univa la teatralità della musica sinfonica con il power metal alla Helloween, veramente un gran disco. Il problema è che certe uscite sono un’arma a doppio taglio, sono così uniche che non permettono un’evoluzione, perciò hai due scelte, o ti ripeti all’infinito, o ti sciogli e rimani nella storia diventando un culto. Leggi il resto di questa voce

SIGH – “Scenes From Hell” (The End Records)

La nota band giapponese torna in pista con un album in linea con le ultime produzioni  avantguarde/bombastic/black. E’ ormai un lontano ricordo il black metal del debutto reso particolare dalla presenza di strumenti classici. Ormai i Sigh sono qualcosa di difficilmente catalogabile. “Scenes From Hell” mischia sapientemente la musica sinfonica con un appeal black metal, oltre ad alcuni arrangiamenti degni delle colonne sonore di Bugs Bunny e Willy Il Coyote. Sinceramente mi ritrovo perfettamente in linea con chi ha sapientemente definito i Sigh di oggi una sorta di Rhapsody Of Fire versione black metal, con l’unica differenza che qui l’epicità della band di Turilli è stata sostituita dall’isteria più tipica del fanatico di Super Mario che non riesce a sorpassare un quadro. Geni o buffoni? Non lo so, di sicuro i Sigh sono divertenti e si lasciano ascoltare piacevolmente. Se cercate qualcosa di ‘serio’, o più semplicemente meno cerebrale, guardate altrove. (Aldo Luigi Mancusi)

CHRISTOPHER LEE – “Charlemagne, By The Sword And Cross” (Cadiz)

Si può diventare metallari ad 88 anni? Questo non lo so. So solo che l’esperienza con i Rhapsody Of Fire ha conquistato questa leggenda di Hollywood che tutti ricorderanno nelle sue mille interpretazioni, non ultime quella di Saruman in “Il Signore Degli Anelli” ed il Conte Dooku in “Star Wars: Episodio III – La Vendetta Dei Sith”.  Come era facile intuire non ci potevamo aspettare niente di diverso da quello che “Charlemagne” è; un’opera di musica sinfonica metallizzata. Sir. Christopher Lee duetta con più cantanti durante lo scorrere dei brani, ma è la sua voce a fare la differenza con quel suo essere profonda e teatrale. Certamente da questo monumento vivente nessuno si aspettava le peripezie del Gillan che fu ma, nel complesso, se la cava più che egregiamente. Il disco, come poco sopra specificato, è un’opera nel senso più pieno del termine, quindi da ascoltare comodamente seduti di fronte al vostro camino con un ottimo cognac in mano, niente headbanging o horns up. A chi consiglio l’ascolto? Un po’ a tutti, in principal modo a chi della musica apprezza il lato più pomposo e sinfonico pieno di barocchismi e via dicendo. Un applauso ad un grande attore, un mito che alla soglia dei 90 anni riesce ancora a mettersi in gioco. Leggi il resto di questa voce